Cattoconsumismo

In un noto centro commerciale romano campeggiano questi manifesti. La chiesa cede del tutto al dio denaro, oppure viene saggiamente incontro al mondo e alle sue esigenze? La questione è intrigante e complessa. La si può affrontare da lontano, riflettendo sulla scia di  Benjamin o Agamben, sull´origine e la natura “religiosa” del capitalismo e della “oikonomia”. Oppure sulle strategie sempre più comunicative e di vero e proprio marketing messe in campo dalle religioni per essere sul “mercato” e sapersi vendere. Da un lato è sempre forte e viva la tradizione del comandamento divino che impone di “santificare le feste”, per cui ad esempio la chiesa tedesca – molto conciliante su questioni di vita, famiglia, sessualità – non transige sulla chiusura domenicale dei negozi. E quantomeno servirebbe cautela, da parte ecclesiale, nel contaminarsi: in un bel romanzo di qualche anno fa, significativamente intitolate “Regno a venire”, Ballard descriveva le città contemporanee, soprattutto i nuovi quartieri periferici, come agglomerati di case privi di qualsiasi altro punto di incontro e di ritrovo se non i centri commerciali, che si ergono al centro di essi come nuovi templi. Dopo aver combattutto con il capitalismo contro il comunismo, la chiesa vive un nuovo grande pericolo, quello di appiattarsi sul consumismo. La vera unica grande immanente dimensione dell’uomo contemporaneo sembra quella consumistica. La sfida ineludibile, oggi, è trovare e riaffermare prospettive che riescano a trascendere questo aspetto.

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