In questo testo pubblicato su “Vita” si critica Virginia Raffaele per aver detto un qualcosa che a me sembra ineccepibile e cioè che “una donna può essere felice e completa anche se non ha figli. La parte materna la si può avere anche senza essere madri biologicamente”.
La critica, che a me appare assurda, è basata sulla crisi demografica del paese, rispetto a cui si lancerebbe un messaggio sbagliato.
Io credo che sia estremamente aggressivo entrare in questo modo in una sfera così personale, andando a sindacare scelte o condizioni che sono frutto di decisioni o situazioni molto soggettive, spesso sofferte o fonte di dolore, sempre comunque attinenti all’intimità degli individui.
Ancora una volta il cattolicesimo impegnato nel sociale o in politica entra con violenza nelle dimensioni più profonde – e per questo direi anche sacre – delle persone.
Se è vero che il privato ha sempre una dimensione pubblica, c’è una inevitabile distinzione tra i due ambiti, soprattutto in determinate materie, e annullarla così è molto pericoloso.
Peraltro, proprio l’affermazione di una dimensione non biologica della genitorialità permette di giustificare il senso di scelte come quella del celibato consacrato (c’è chi non ha figli biologici e si fa chiamare persino “santo padre”), oppure dell’adozione, che altrimenti, nell’ottica del sostegno a tutti i costi della natalità, non hanno evidentemente alcun senso.
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