La vita di Ratzinger ha conosciuto due fasi: il professore che collabora al Concilio, e il vescovo, cardinale, papa, che difende più o meno consapevolmente un potere. Tra le due resta quello che Hans Küng ha definito un “enigma”.
Il giovane studioso, sulla scorta di una lettura di Bonaventura, propone una idea di rivelazione ancorata alla storia, il verbo che precede sia la Scrittura, sia la Tradizione: quelle che solitamente vengono considerate fonti statiche, oggettive e immutabili della fede, non sono che espressioni solo derivate di un processo dinamico che è la vita stessa divina, e che per sua natura è attiva, mutevole e relativa.
“Ancora al di sopra del papa, quale espressione del diritto vincolante dell’autorità ecclesiastica, sta la coscienza individuale. Prima di tutto il resto, si deve obbedire ad essa, se necessario anche contro la pretesa dell’autorità ecclesiastica. Con questa enfasi sull’individuo, che nella coscienza si trova di fronte ad una istanza suprema e ultima, sottratta infine alle esigenze dei gruppi sociali esterni, e persino della Chiesa istituzionale, si stabilisce anche il principio contrario all’emergere del totalitarismo.”
(“Über dem Papst als Ausdruck für den bindenden Anspruch der kirchlichen Autorität steht noch das eigene Gewissen, dem zuallererst zu gehorchen ist, notfalls auch gegen die Forderung der kirchlichen Autorität. Mit dieser Herausarbeitung des Einzelnen, der im Gewissen vor einer höchsten und letzten Instanz steht, die dem Anspruch der äußeren Gemeinschaften, auch der amtlichen Kirche, letztlich entzogen ist, ist zugleich das Gegenprinzip zum heraufziehenden Totalitarismus gesetzt”) [J. Ratzinger, “Kommentar zu Art. 16 von »Gaudium et Spes«” in Lexikon für Theologie und Kirche, 2. Auflage, hrsg. von J. Höfer und K. Rahner, Bd. XIV, “II. Vat. Konzil” Herder, Freiburg i.B. 1968, S. 328]
Rispondi